La Dissertazione apologetica fra G. C. Bonomo e G. M. Lancisi intorno ai vermi osservati nella rogna, raccoglie il carteggio tra Bonomo (Cestoni) e Lancisi che va dal 4 agosto al 15 ottobre del 1687. Non provate a cercala, tanto è impossibile da trovare; la biblioteca Lancisiana è chiusa e la trascrizione delle lettere fatte da Faucci è praticamente introvabile, comunque la copertina è nell’immagine che trovate a corredo del post.
La Dissertazione uno degli esempi più chiari del peso delle forze in campo quando si trattò di menare le mani: la giovane forza, spontanea e virulenta di chi, da ignorante (nel senso di chi non sa di come vanno le cose a questo mondo), sa di avere ragione; e quella marmorea di chi non ha bisogno di dimostrare nulla perché non è importante avere ragione perché non c’è bisogno di averne una.
Il 4 agosto del 1687, un giorno dopo aver ricevuto le copie delle Osservazioni, Cestoni e Bonomo vanno a mille: hanno un pezzo di carta stampato, serio, pubblicato, tra l’altro, con il nome di Redi sopra, nessuno può fermarli, hanno definitivamente distrutto millenni di Storia e aperto una nuova strada per l’Umanità: i fatti parlano da soli, la rogna è vinta. E a vincerla sono stati loro! Adesso si tratta solo di farlo conoscere al consesso medico più importante d’Italia, forse d’Europa (che al tempo sta per Mondo). Chi meglio di Giovanni Maria Lancisi, alle lezioni del quale Bonomo ha assistito e che conosce bene, per ottenere la definitiva consacrazione?
Come poteva finire? Come è finita. Presente un muro di gomma; solo un po meno morbido.
Le prime lettere di risposta sono sussiegose ma gentili: “Bene, bravi, avete scoperto una cosa interessante… ma… su, ragazzi non venitemi a raccontare che è un acaro che fa tutto il lavoro… sono decine le concause, e alla base di tutte ci sono, sempre e solo gli umori, acidi, guasti del corpo.” Parole non di Lancisi, senso esattattamente quello.
Insomma..Bravi, ma fate passare che ho da fare.
La diade insiste, va giù pesante, ma niente,
“[…] desidererei ch’ella si spogliasse un tantino d’un tal qual affetto, che ha contratto non solo con la propria opinione circa la vera et universale cagione della rogna, ma molto più con le esperienze fatte da lei medesima nel solo corso d’un anno le quali non possono contrastare co le già fatte da altri in molti secoli intieri.” E queste sono parole e senso di Lancisi.
A questo punto, Bonomo/Cestoni esplode e arriva a dare dello ‘zoccolante’ a Lancisi; gli rimprovera di aver preso una ‘solennissima baia’, che purtroppo di questa faccenda con ci capsce un accidente, lui e tutti quelli che stanno a Roma e gli girano intorno.
Pensate: sono passati solo una cinquantina d’anni dall’abiura di Galilei e ancora si vedono in giro per le città Inquisitori che il venerdì mattina infilano viottoli a fiutare fumi colpevoli di carne brasata, e questi due scapestrati livornesi provano a distruggere più o meno 6.000 anni di sapere e costruzioni dottrinali.
Francesco Redi, che Lancisi considera l’autore di tutto questo baccano, viene preso per un’orecchia dall’archiatra romano e invitato a far tenere la bocca chiusa ai due tracotanti.
Risultato: letterina simil-mafiosa da parte di Redi agli scapestrati e silenzio che cala per un secolo e mezzo in quasi tutte le sedi accademiche del Mondo, sicuramente tutte quelle italiane, con eccezione, forse di quella di Padova, dove Vallisnieri fa il bello e il cattivo tempo.
Proverò a rimediarvi i testi originali di questa ultima battaglia, davvero spassosi se li si guarda con un po’ di scafato realismo; devastanti, se quello a cui si tiene è il piacere della Realtà; qualche altro pezzo vedrò di riproporvelo qui, la faccenda è troppo spassosa per chiuderla qui 😉
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